Perché il pubblico dovrebbe
cercare e amare le tue poesie?
Io metterei la
parola “amare” prima della
parola “cercare”. “Cercare” è una fantastica conseguenza di questo miracolo dei
nostri giorni: parlo dell’amore verso la poesia. Per il resto sono una specie
di “Salieri”, affascinata dalla
bravura di alcuni “Mozart” con un certo senso d’invidia, perché molto spesso
più delle mie, mi piacciono le poesie degli altri. E non mi sono mai chiesta
perché la gente compra il mio libro, anche
se i motivi possono essere molteplici, incominciando da semplici commenti che mi è capitato di sentire durante una delle mie presentazioni, e che suonano più o meno così:
«La tua poesia e molto vicina a noi,
donne…»;
«…senza veli, senza ipocrisia, senza
‘fronzoli…»;
«…la tua poesia è diretta, scritta con un
linguaggio attuale e quotidiano»;
«…con una certa ironia riesce
rivalorizzare anche la donna cosiddetta ‘sfigata’, quella che non trova mai la
pace, ma che riesce ‘cavalcare’ la vita lo
stesso…»;
«… alcune tue poesie sembrano
romanzi di una pagina, di mezza pagina, di poche righe…».
Perché il pubblico dovrebbe
cercare e amare le mie poesie?
E che ne so?
Tra stereotipi e
marginalità: come si colloca la figura del poeta nell’attuale situazione
culturale italiana?
Non saprei rispondere a
questa domanda, ma lo potrebbe fare questa poesia-narrativa scritta da
Francesco Di Lorenzo, poeta e saggista napoletano, che in questa maniera –
quasi satirica – risponde ad un/una poeta (C.M.C) che lo chiede il suo pare
sulla poesia:
“Questi
non sono versi (non c’è verso di fare versi)/sono appunti di viaggio, dopo un
colloquio, diciamo così. / Ebbene, per entrare subito in argomento / mi vien da
ribadire (perché ce lo siam detti) che molto spesso la poesia di avanguardia,
che potremmo far coincidere con tutta quella postmoderna? / non è in possesso
di contenuti poetici, forse neanche di semplici contenuti / così che un lettore
dovrebbe far credito al poeta, chissà poi perché? / e qui siamo di nuovo e
sempre di fronte al Poeta e non alla Poesia / che è cosa da meditare / e
dovremmo quindi anche chiedere lo sforzo di immaginare la vita interiore del
poeta / leggere cioè le biografie e non le poesie, / ma noi sappiamo anche che
un poeta non nasce tutti i giorni / e lo sappiamo perché altrimenti ce ne
saremmo accorti / e ce ne saremmo accorti non con i sensi, ma con la ragione
(come minimo). / Di poeta ne nasce uno ogni cento anni, diceva Moravia (il
borghese) / e questi qua sono poeti perché sono incapaci di non esserlo /
spesso scrivono versi mediocri, non sempre all’altezza / o non sanno proprio
scrivere versi / quindi? / quale possibile-passabile conclusione? / Semplice
(insomma!): quella che andiamo vivendo / sotto gli occhi di tutti. / Che ognuno
scriva poesia, a mano / a voce alta o bassa / a manovella, visiva e sonora,
insensata e razionale / classica o di avanguardia, bella o brutta, postmoderna
e oggettiva / senza gerarchie, confondendo i piani con i pianerottoli, / ma
finalmente portando alla luce un po’ di casino
meditato / che di questo caos lucidato / e per di più feisbuchizzato / non se
ne può più.”
Esistono strade per recuperare quella rilevanza che in altri
paesi al poeta viene riconosciuta?
Credo che tutto dipenda dall’onesta intellettuale degli
editori e critici letterari, che molto spesso si adeguano, si ammucchiano, si
macinano nelle stesse mole dello stesso mulino e, come risultato, producono una
‘farina’ scadente: si butta tutto in un sacco e si mette un cartellino col
prezzo… che molto spesso non corrisponde alla realtà. Intanto i poeti bravi non
fanno soltanto i poeti. Fanno un lavoro normale che gli permette di vivere
e ogni tanto scrivono le loro bellissime poesie; ogni tanto vengono stroncate
da qualche invidioso cretino di turno; qualche volta vengono semplicemente ignorate;
qualche volta vengono – venerate… dopo la loro morte.
Piccola considerazione sulla poesia
sovietica che io conosco perfettamente (è soltanto un mio piccolo pensierino…):
di chi è la colpa se la poesia
sovietica per anni e anni è
rimasta lontana dallo
sperimentalismo? La rima che stenta ad
andare via, anche oggi, si appiccica con il suo classicismo come una muffa… La Russia, per la grandezza del proprio territorio ha prodotto
bravissimi parolieri e canzonieri, ma pochi poeti. Troppo pochi per un paese così vasto.
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